CALCOLI URINARI DA OSSALATO DI CALCIO NEL CANE - PREVENZIONE (newsletter n°14/2018)

Nel cane, la calcolosi da ossalato di calcio è patologia estremamente frequente che spesso si associa a notevoli difficoltà gestionali, che se non risolte possono determinare frustrazione nel proprietario e nel Medico Veterinario. La patogenesi dell’urolitiasi da ossalato di calcio non è ancora completamente nota, e questa è una delle cause principali che determinano difficoltà gestionali nella prevenzione di questo tipo di calcolosi.

Una serie di fattori sono considerati predisponenti, quali ad esempio l’ipercalciuria, urine eccessivamente concentrate oppure l’eccessiva acidità urinaria, ed il loro controllo può essere di aiuto nel ridurre il rischio di formazione di calcoli da ossalato di calcio, anche se a volte queste misure di prevenzione non sono sufficienti e si assiste invariabilmente a recidiva.

Una delle maggiori problematiche associate alla formazione di calcoli urinari di ossalato di calcio è rappresentata dalla impossibilità di attuare una terapia dietetica di dissoluzione e dalla conseguente necessità di ricorrere alla rimozione del calcolo. Anche se oggi è possibile ricorrere a tecniche di rimozione degli uroliti “mini invasive”, quali quella per via endoscopica, la litotrissia e l’uroidropulsione, queste metodiche sono condizionate dall’anatomia del paziente e della localizzazione del calcolo. Soggetti maschi con uretra di piccole dimensioni oppure la presenza di calcoli localizzati nelle alte vie urinarie (ureteri e pelvi renale), rendono infatti difficoltosa od impossibile l’attuazione di tecniche “mini invasive”, obbligando a sottoporre questi pazienti a ripetuti interventi chirurgici per rimuovere i calcoli.

Risulta evidente l’importanza della prevenzione, che deve essere basata sulla identificazione e risoluzione di fattori predisponenti (ad esempio ipercalciuria, urine concentrate, urine acide), sulla eventuale somministrazione di farmaci e su un attento monitoraggio del paziente.

Nel caso di ipercalciuria è importante trattare tutte le cause eventualmente identificate oltre che correggere il disordine elettrolitico. Merita di essere sottolineata l’opportunità di misurare il calcio ionizzato, oltre al calcio sierico totale, poiché in molti pazienti questo si rivela superiore ai limiti fisiologici pur in presenza di un calcio totale corretto nella norma.

Al fine di attuare una prevenzione efficace, il peso specifico urinario deve essere mantenuto sotto 1020; se il paziente tende ad avere urine molto concentrate e in ogni caso con un peso specifico superiore a 1020, possono essere messe in atto alcune strategie. Si può provare a lasciare a disposizione “acqua di bevanda aromatizzata”, costituita aggiungendo all’acqua piccole quantità di brodo granulare senza glutammato. L’acqua che viene somministrata dovrà inoltre essere a basso residuo fisso. Nel caso il paziente continui ad avere un peso specifico urinario elevato ed assuma un alimento secco, è opportuno proporre una dieta umida.

La dieta è inoltre importante per garantire l’apporto controllato di proteine, quantitativi ridotti di calcio e ossalati e per determinare un aumento del pH urinario, idealmente da portare sopra 6,5. Se, nonostante gli accorgimenti dietetici, il pH urinario rimane costantemente inferiore a 6,5 è possibile somministrare degli alcalinizzanti delle urine, quali Citrato di Potassio al dosaggio di 75 mg/kg ogni 12-24 ore (l’intervallo di somministrazione è da determinare sulla base del valore del pH urinario che viene raggiunto).

Nel caso di pazienti che continuino, nonostante quanto descritto, ad avere recidive è possibile somministrare idroclortiazide.

Il monitoraggio di questi pazienti è importante per poter verificare l’efficacia del protocollo di prevenzione attuato e per consentire, nel caso di recidiva, l’eventuale ricorso a procedure “mini invasive” (ad esempio identificando calcoli di piccole dimensioni che ancora permettono una uroidropulsione). Il monitoraggio prevede l’esame delle urine (chimico fisico e sedimento) e la diagnostica per immagini, ricorrendo allo studio radiologico, che è favorito dalla marcata radioopacità dei calcoli di ossalato di calcio. In una fase iniziale è opportuno pensare a esami di controllo ogni 3-4 settimane (per monitorare in modo particolare il peso specifico, il pH ed il sedimento urinario); quando vengono raggiunti i risultati desiderati per quanto attiene alle caratteristiche delle urine (pH superiore a 6,5 e peso specifico inferiore a 1020) è il paziente può essere monitorato ogni 3, massimo 6 mesi.

 

 

Testo a cura di:

Andrea Zatelli e Paola D’Ippolito

(consulenti scientifici per ACV Triggiano)

 

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